Nell’introduzione alla sua letteratura Giuseppe Petronio si poneva una domanda: C’è ancora bisogno di letteratura?
Il noto italianista, ricordando Parini (che diceva che quando era bambino «sdentate donnicciole» gli raccontavano «assurde fole», e lui «trascurava i pomi e il pane e chiedeva nuove panzane»), richiamava il bisogno del fantastico e l’innata propensione umana all’affabulazione.
Ancora Petronio ricordache De Sanctis, nel 1856, fu chiamato al Politecnico di Zurigo per insegnare Letteratura Italiana; al corso De Sanctis premise una lezione inaugurale intitolata A’ miei giovani con cui intendeva spiegare perché in quella Università, che preparava ingegneri, era stato inserito un corso di studi letterari:
La letteratura è il culto della scienza, l’entusiasmo dell’arte, l’amore di ciò che è nobile, gentile e bello; e vi educa ad operare non solo per il guadagno che potrete trarre, ma per esercitare, per nobilitare, la vostra intelligenza, per il trionfo di tutte le idee generose… La letteratura non è un ornamento sovrapposto alla persona, diverso da voi e che da voi potete gittar via; essa è la vostra stessa persona, è il senso intimo che ciascuno ha di ciò che è nobile e bello, che vi fa rifuggire da ogni atto vile e brutto e vi pone innanzi una perfezione ideale a cui ogni anima ben nata studia di accostarsi. Questo senso voi dovete educare… Prima di essere ingegneri voi siete uomini, e fate atto di uomo attendendo a quegli studi detti dai nostri padri umane lettere, che educano il vostro cuore e nobilitano il vostro carattere…